Patrizia Cattaneo


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Guarigione da una febbre

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GUARIGIONE DA UNA FEBBRE
di Marlène Reichmuth


Foto: Fratel Cosimo recita il rosario con i pellegrini (giugno 2012)


È difficile parlare di cose di Dio senza rinchiuderle dentro concetti che non sono altro se non la proiezione delle nostre idee su Dio. Lo stesso Tomaso d’Aquino ci ha voluto avvertire che “la fede non ha come termine i concetti, ma la realtà”. Più vicino a noi, anche il teologo e mistico svizzero Maurice Zundel ha fatto notare al giornalista che lo intervistava che “si parla efficacemente di Dio pur che lo si viva” (
L’homme existe-t-il?, p.76, non tradotto in italiano). E Dom Le Saux, in Sagesse Indoue, Mystique chrétienne (non tradotto), scrive: “Fintanto che l’uomo vuole percepire Dio nei suoi concetti, non percepisce altro che un idolo”. Da tutto ciò, il valore essenziale della testimonianza, come illustrazione della Parola Eterna.


Gli apostoli Matteo, Marco e Luca riportano la guarigione della suocera di Pietro “
che era a letto con la febbre”. Quando Gesù entrò nella casa di Pietro, la vide coricata, “le toccò la mano, e la febbre la lasciò; si alzò dal letto e si mise a servirli”, (Matteo 8, 14). Gesù non guariva tutti quelli che erano malati, ma quelli verso i quali “Egli rivolgeva il suo sguardo”, per riprendere le parole di una benedizione di Fratel Cosimo. Questo incontro è oggi possibile, perché tutto il Vangelo testimonia una presenza che è la stessa, ieri, oggi ed eternamente: quella di Cristo. “Dio si testimonia nella trasparenza dell’uomo”, afferma Zundel (pag. 261). La trasparenza di Fratel Cosimo, che si è come svuotato di se stesso per darsi a Cristo, è ciò che permette a coloro che lo vanno a trovare di avvicinare Cristo, anche se solo per un breve istante. Si tratta allora veramente di un incontro che cambia tutto. L’anima viene toccata dalla Grazia.

Testimonianza:
Con mio marito Alfred, ci trovavamo, quel 2 ottobre 2004, sulla piazza della Madonna dello Scoglio con migliaia di altre persone, per la messa del primo sabato del mese. Avevamo infatti previsto di trattenerci per una settimana in un albergo vicino al mare, per potere così, ogni giorno, raggiungere lo Scoglio per la preghiera. Ma quel 2 ottobre mi sono sentita pervasa da una forte febbre, accompagnata da un mal di testa lancinante e da dolori muscolari acuti. Il male andava aggravandosi man mano che il sole diventava più intenso. Non ero proprio in grado di pregare, ma cercavo di resistere fino a sera su quella piazza affollatissima. L’indomani, domenica, ero a letto, con le serrande abbassate, battendo i denti per la febbre e sudando nello stesso tempo. Il sole radioso, la spiaggia di sabbia fine sotto le finestre, il mare blu-azzurro fino all’orizzonte, contrastavano con il mio misero stato, e la mia prostrazione aumentava sempre più. Bevevo l’inevitabile camomilla, sconfortata per trovarmi inchiodata in un letto, impotente ad alzarmi malgrado la mia buona volontà, mentre la Madonna dello Scoglio era appena a pochi chilometri di distanza. I rimedi febbrifughi, che amici compassionevoli mi avevano portato, non erano serviti a niente. La sera, mio marito si è recato allo Scoglio. Al suo ritorno, mi raccontò di aver parlato con Fratel Cosimo della mia febbre e della mia grande desolazione. Fratel Cosimo lo aveva rassicurato dicendogli che avrebbe pregato per me, “dopo che la gente sarebbe partita”. Ed aveva precisato: “Domani, si sentirà diversa”. Mi sono addormentata su queste parole. Il lunedì mattina ci fu un risveglio che non dimenticherò tanto presto. Mi sono alzata con lo spirito scattante e piena di vitalità, il corpo fresco e in forma. Finito il regime camomilla, avevo fame e mi sembrava che un bel bagno di mare fosse l’ideale per iniziare la giornata prima di far colazione.

La febbre mi aveva lasciata senza bisogno di nessuna convalescenza. Passavo di colpo dallo stato di uno che subisce una malattia che lo mette fuori corso, a quello di uno “che si alza e cammina”. Ciò che non dice la testimonianza degli apostoli sulla suocera di Pietro, è proprio questo stato straordinario, una specie di leggerezza dell’essere, la sensazione di “camminare sull’acqua”. Quando in accappatoio sono scesa per fare il bagno in mare, la famiglia dell’albergatore non si raccapezzava per la sorpresa, visto il mio stato della sera prima. Più tardi nel pomeriggio ho incontrato Fratel Cosimo, che mi disse: “Senza quella benedizione, sareste a letto”. “Lo so”, gli ho risposto, “l’ultima volta che ho passato una simile febbre, un mese d’ottobre in Italia, ne ho avuto per più di una settimana”. Ma non è tutto qui, c’é stato poi un seguito. Con mia grande sorpresa, Fratel Cosimo ha soggiunto che quella benedizione non era che la prima parte, “questa sera, Le darò la seconda parte”.

Giunta la sera, Fratel Cosimo ha posto la sua mano sulla mia fronte appoggiandola con forza. Non ho capito le parole della benedizione che stava mormorando a bassa voce, se non questo: “Liberala da ogni male”. Quella sera mi sono messa a letto in uno stato d’animo per niente particolare, contando di dormire serenamente come la notte prima. Ma non è andata affatto così. Potrei descriverlo in questo modo: tutto quello che avevo pensato durante la mia vita ritornava a galla nel mio spirito e si scontrava in una grande confusione, simile ad una corrente tumultuosa. Non potendo soffermarmi su niente di preciso, né contenere questo flusso di pensieri, mentalmente ripetevo, senza stancarmi: “Gesù! Gesù!” E, tra un' invocazione e l’altra a Gesù, il tumulto riprendeva ancora più forte. Sentivo anche una forte nausea e come delle correnti elettriche lungo la colonna vertebrale. La mattina dopo mi sono alzata stanca e soprattutto perplessa. Niente di tutto questo poteva rapportarsi a quanto avevo provato nei giorni precedenti, mentre ero febbricitante. Sono andata da Fratel Cosimo per avere un suo consiglio. “Allora?” mi fece. Ho sintetizzato con questa frase: “È stato come una lotta, per tutta la notte”.
“No, non una lotta, una battaglia!” rettificò Fratel Cosimo con l’autorità di uno che sa. “E quale lezione ricavarne?” ho chiesto. “È la tentazione,” mi ha precisato senza nessun’altra spiegazione. Mi sono allora ricordata degli insegnamenti dei Padri del deserto (tra il terzo e il settimo secolo), mirabilmente adattati alla nostra epoca dal teologo tedesco Anselm Grün nei suoi libri e seminari. Essi parlano di un combattimento dell’ego che fa da schermo alla Grazia di Dio. Ne avevo appena avuto una perfetta dimostrazione. “C’è in Lei una resistenza”, mi ha detto Fratel Cosimo più tardi. Devo ammettere che proviene dal mio io, essenzialmente egocentrico, mentre la Grazia è per sua essenza Dono d’Amore. Il combattimento spirituale nasce da questa incompatibilità. L’io si interpone senza sosta, constata Zundel (pag. 127) ed é ciò che potrebbe ben spiegare il carattere frammentario e come erratico dei miracoli. Sarebbe dovuto agli ostacoli che l’uomo frappone a Dio (pag. 171). Ho interrogato Fratel Cosimo: “Che fare contro questa resistenza?”. Mi ha risposto: “Pregare!”

Opera citata:
Maurice Zundel,
L’homme existe-t-il ?- Sarment, Editions du Jubilé, 2004 (solo in francese).

Articolo pubblicato da: Il Segno del Soprannaturale n° 225, Marzo 2007
Foto: Patrizia Cattaneo ©



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